Milano
Negli anni ’60, è diffusa nel popolo la necessità di soddisfare le esigenze di una vita più civile, più umana. La consapevolezza dei propri diritti cresce e diventa volontà e forza per pretenderne il riconoscimento e il rispetto.
Il 2 dicembre del 1968, ad Avola, la polizia spara su una folla di manifestanti in piazza per la difesa del lavoro, provocando due morti e numerosi feriti. Il 9 aprile ’69, a Battipaglia, ancora si spara sui manifestanti: due morti e parecchi feriti. Sono 90 le persone uccise dalla polizia nelle piazze d’Italia, dalla fine della guerra.
Si reagisce con lo sciopero generale politico unitario in tutta Italia. A Milano si svolge una imponente manifestazione in piazza Duomo e viene costituito il “Comitato per la difesa della libertà repubblicana, contro la repressione e gli attentati della reazione neofascista”. Si chiede il disarmo della polizia in servizio di ordine pubblico durante le manifestazioni sindacali.
Le agitazioni dei lavoratori e quelle degli studenti coinvolgono tutta la città.
Si crea una convinta partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alle vicende sindacali e un’attenzione ai problemi sociali che riguardano tutti: scuola, casa, salute, trasporti, ma anche impegno e mobilitazione per la pace, il disarmo atomico, per richiedere la fine della guerra degli Stati Uniti contro il Vietnam.
Si diffonde la consapevolezza che i grossi problemi internazionali sono legati tra loro. Questa la Milano dei lavoratori, la Milano democratica che viveva ogni avvenimento con passione e partecipazione e con la grande consapevolezza del suo ruolo nazionale. Un ruolo che poteva essere riassunto dalle parole d’ordine “Nord e Sud uniti nella lotta” e “Operai e studenti uniti nella lotta”.