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Il processo unitario

Il passaggio da una società prevalentemente agricola a una matura società fordista, muta in profondità l’economia nazionale e il mercato del lavoro nel quale cresce in modo esponenziale il numero dei lavoratori occupati nel settore secondario. Queste premesse, unitamente ai gravi e profondi squilibri sociali generati dal boom che caratterizzano tutti gli anni ’60, favoriscono il radicamento dei sindacati e il loro processo unitario.

La drammatica migrazione di massa dalle campagne e dalle regioni meridionali verso il Nord industriale, l’allargamento della forbice salari-profitti, il netto peggioramento delle condizioni di lavoro nelle fabbriche meccanizzate e taylorizzate, acuiscono il disagio ma anche la carica conflittuale della classe operaia, non più disposta a subire passivamente gli effetti distorti di un meccanismo di sviluppo socialmente iniquo.

Le pessime condizioni materiali in fabbrica e il crescente bisogno di manodopera non qualificata nelle officine aumentano la spinta della base operaia verso la consapevolezza che solo “UNITI SI VINCE”.

Questa è stata la lezione appresa dalle lotte per le conquiste contrattuali del
1959 di meccanici, tessili e marittimi, ma sopra tutte quelle degli elettromeccanici del 1960-61 e dei metalmeccanici nel 1962-63, durante le quali si erano costruite le premesse per una embrionale partecipazione attiva dei lavoratori alla elaborazione di piattaforme rivendicative e delle forme di lotta.

Nel maggio 1968, nel generale clima di rinnovamento favorito dalla contestazione studentesca, questa tendenza si consolida con le lotte unitarie in diverse vertenze aziendali e con il grande sciopero delle tre organizzazioni dei metalmeccanici milanesi “per la libertà, la dignità e la sicurezza sul luogo di lavoro”.

Ma è proprio l’Autunno caldo del 1969 che vede la diffusione di nuovi modelli partecipativi di rappresentanza destinati a cambiare in profondità il sindacato confederale favorendone l’unità: i Comitati unitari dei delegati, embrioni dei futuri Consigli di fabbrica, sorti in molte grandi fabbriche (la prima è la Pirelli in Bicocca) in particolare durante la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.

Ciò suggella l’unità di azione dei tre sindacati confederali che sfocia il 3 luglio 1972 nella formula organizzativa della Federazione Cgil, Cisl e Uil, e subito dopo nell’istituzione della Federazione Lavoratori Metalmeccanici nella quale confluiscono Fim, Fiom e Uilm, il punto più elevato e organico di questo processo unitario e democratico che trasforma radicalmente e caratterizza le relazioni sindacali italiane per almeno un decennio.