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La comunicazione sindacale

Negli anni ‘60 nascono nuovi modelli di pensiero che determinano il formarsi dei primi movimenti aggregativi di scopo (ambientalismo, difesa dei diritti, antimilitarismo) o di genere (femminili, giovanili).
La stessa cultura è influenzata da mutamenti di costume che toccano la musica, il cinema, il teatro, la letteratura, l’arte. Un nuovo modo di vedere le cose che produce il formarsi di nuovi stili di vita.
Parte di queste trasformazioni sono il prodotto della crescita economica e produttiva di quegli anni, la cosiddetta società dei consumi, con tutte le contraddizioni in essa contenute.
Per rispondere alle nascenti esigenze di mercato, anche le azioni di comunicazione vivono una stagione straordinaria. I prodotti vanno promossi per essere venduti, si affermano nuovi mestieri dall’alto valore professionale, i messaggi pubblicitari entrano in modo massiccio nelle case, a far parte della vita di tutti.
I giovani, che siano studenti o operai, principali protagonisti della vita politica e sociale della fine del decennio, mutuano dalla comunicazione commerciale alcune regole fondamentali e, attraverso la loro creatività, le utilizzano per trasmettere i contenuti delle loro lotte. In un primo momento, in netta contrapposizione con partiti e sindacati, adottano modalità e strumenti che definiscono “alternativi” a quelli “tradizionali” in uso fino ad allora, quasi a segnare un distacco fra società civile e società politica.
E nonostante la diffidenza dei sindacati nei confronti degli studenti, si concretizzano le prime forme di attiva solidarietà tra le due componenti sociali, sottolineate dallo slogan “Operai e studenti, uniti nella lotta”, vera e propria bandiera di un movimento che, accettando la contaminazione tra culture diverse, vuole modificare vecchi rituali e linguaggi superati.
Ma soprattutto, grazie a forme di comunicazione semplice, diretta, spontanea, autoprodotta, uno dei grandi meriti dell’autunno caldo è stato proprio la capacità di rimettere in connessione le fabbriche con la società e viceversa. Non solo per i temi legati al lavoro, ma per la voglia e la scelta civile del movimento operaio di battersi per un Paese più moderno, nel quale lo sviluppo coinvolge l’ambito sociale e culturale, quello produttivo e, seppure in misura minore, quello politico.